mercoledì 28 maggio 2008

Mille fans, non uno di più

Qualcuno di voi avrà notato fra i links del blog quello di "Internazionale", interessante rivista che ormai leggo da più di cinque anni. Qualcuno ha obiettato, in malafede, che è una rivista di sinistra. Perchè vi dico questo? Perche vorrei chiarire il concetto che dire "di sinistra" significa non dire nulla. Soprattutto quando si tratta di una rivista che pubblica le traduzioni di articoli dei maggiori giornali mondiali, e da' un piccolo importante contributo per la nostra conoscenza della situazione "all'estero", non vista dai nostri giornalisti.

Quindi, caro lettore (del blog) di destra o di sinistra... in questo caso l'importante è leggere senza tanti preconcetti. Il vero lettore critico poi saprà sicuramente prendere le distanze dall'eventuale faziosità di certi articoli (che si trovano ovunque, ma vanno comunque letti perchè non si sa mai, potrebbero nascondere qualche verità). Per questo ho inserito il link fin dalla prima edizione del blog. Certo potremmo leggere direttamente i giornali stranieri. Infatti tutti sappiamo l'inglese, il francese, il giapponese, l'indiano e chissà quali altre lingue.

Prima di passare all'argomento del post, un'ultima amara osservazione. Leggendo queste traduzioni mi sono fatto un'idea, abbastanza precisa, di quanto i giornalisti, in Italia, non siano dei bravi scrittori. Chissà perchè questi articoli internazionali mi sembrano più approfonditi, danno una sensazione di ricerca della notizia e degli argomenti. Con queste letture ho riscoperto il piacere del giornalismo (se mai l'avevo scoperto...) magari di parte a volte (impossibile essere obiettivi). Il giornalismo a volte scomodo ma veritiero, informato, ricercato, professato, vissuto, amato. Il piacere di essere in prima linea e non riportare le notizie di agenzie sedendosi dietro la scrivania o contare le lacrime che scendono dal viso di una vedova. Giornalisti italiani dove siete?

Opinione personale naturalmente, legata alla mia esperienza. Ma provate a fare anche voi lo stesso esperimento e ditemi se non sono sensazioni perlomeno azzeccate.


Passiamo all'argomento del post, alquanto interessante soprattutto per la mia...ehm...attività!

Proprio dalle pagine di Internazionale ho scoperto questo interessante blog, il blog di KEVIN KELLY, "esperto di cultura digitale". Il post "incriminato" è questo : 1000 true fans in cui il caro Kevin ci dice "cari bloggers, cari artisti, curare e coccolare i vostri 1000 fans potrebbe bastare per farvi vivere con la vostra attività" . La lettura di questo post è stato un flash per me. Da sempre ipotizzavo la cultura del "pochi ma buoni", necessaria in questi tempi per il predominio delle multinazionali che demoralizzano il "piccolo artista" . In questo post si fanno esempi, si fanno conti che confermano questa teoria, che ora riporto in un breve riassunto (e qualche commento a caldo).

1000 veri fans - libera traduzione dell'articolo "1000 true fans" di Kevin Kelly, licenziato con Creative Commons

La teoria della coda lunga (vendere poche copie di migliaia di titoli) funziona sicuramente bene solo per i consumatori (che comprano a prezzi accessibili) e i grossi distributori (qui si fa l'esempio classico di Amazon). Per gli artisti diventa un incubo perchè la coda lunga abbassa i prezzi con conseguente diminuzione dei guadagni. A questo punto o arriva il successo o non si vive.


Penso che molti di voi, artisti, si riconoscano in questo problema. Come faccio a vivere di quel che creo (una canzone, un quadro, un libro) se poi il mercato uccide il mio guadagno? O divento "commerciale" e comunque spero anche in un po' di fortuna, oppure devo affiancare un lavoro con un reddito sicuro.


La soluzione esiste e si chiama "fan vero". Il vero fan non è quello che "morde e fugge". Vi segue, fa 300 km per venire ad ascoltarvi, compra ogni vostro prodotto, vi sovvenziona lo studio di registrazione. E' un vero e proprio ammiratore e l'artista deve ricambiare con un contatto diretto.


Pare una soluzione facile.... ma non siamo ancora arrivati in fondo. Di questo passaggio amo la parola "contatto diretto". Il nuovo artista deve scendere a terra e non fare la star. La cosa più bella non è solo sentirsi apprezzati, ma percepire direttamente questo apprezzamento. Solo così avviene un vero scambio culturale perchè non sempre l'artista è soggetto attivo e il fan soggetto passivo.

Un fan per quanto prosperoso (nel danaro) non basta. Ma immaginate di avere 1000 veri fans che spendono cento dollari all'anno per voi (di media). Il conto è semplice, fanno 100 000 dollari all'anno che, togliendo spese e tasse, fanno un buon reddito. Raggiungere 1000 fans potrebbe anche non essere impossibile, fanno 1 fan al giorno per 3 anni. I fans possono venire ad ascoltarvi a casa vostra (concerti speciali), comprare un dvd dal vostro sito (edizione speciale magari), ricomprare un'edizione deluxe dello stesso cd. La parte tecnica non è impossibile, oggi Internet permette questo e altro (pensiamo anche ad un concerto in streaming ad esempio) anche a prezzi irrisori. In questo modo si può anche lavorare meglio, concentrandosi sulle qualità migliori (non ricercando la massa bensì un'elite di persone appassionate proprio di quello che proponete). Teniamo anche presente che questi 1000 fans possono essere affiancati da fans minori che non vi seguono con la stessa passione ma comprano con una certa regolarità qualcosa della vostra produzione. Ma questi fans non servono, puntate sui 1000 veri fans.


Ecco i primi dati. 1000 fans.... Con internet a disposizione e milioni di utenti in circolazione e un buon prodotto potrebbe essere possibile. Riferendosi all'Italia ripeto una cosa già detta: per farci conoscere dobbiamo sforzarci di comunicare in una ligua comprensibile in tutto il mondo: l'inglese. Ritengo che cercare 1000 fans qui in Italia sia abbastanza faticoso per tutti, ma nel mondo, se si ha costanza e la produzione è buona, si può fare.

Questa regola funziona bene per l'artista singolo ma anche per il gruppo, basta moltiplicare il numero dei fans veri. Inoltre non tutti gli artisti hanno voglia di curare il proprio giardino e mantenere un rapporto diretto con il fan. In questo caso meglio trovare un agente (in erba) e dividere la torta in due. Questa economia non permette di guadagnare cifre stellari ma potrebbe garantire un discreto reddito. Naturalmente la via migliore è curare direttamente il proprio pubblico. Si parla di microcelebrità, ne parla Carl Steadman, fondatore di suck.com. Danny O' Brien ha detto "c'è una persona in ogni città della Gran Bretagna che adora leggere online il vostro fumetto. E' abbastanza per avere la birra pagata tutto l'anno".

Prima di pubblicare un libro o un disco poi si può far ricorso ai propri fans: "appena avrò raccolto tot dollari in donazioni pubblicherò il mio romanzo/cd". Tramite un sito questa cosa è fattibilissima, con tanto di conteggio in tempo reale di quanto si è raccolto. Nel momento in cui avrete raggiunto la cifra ci si potrà permettere di pubblicare il cd online, con download gratuito (visto che il cd è stato già pagato). E ne usufruirà anche chi non ha pagato naturalmente (il che potrebbe equivalere alla parola "promozione" ovvero ricerca di fans futuri). Ad esempio Lawrence Watt-Evans, scrittore, pubblicava il capitolo del proprio libro ogni qualvolta raggiungeva 100 dollari di donazione. Il libro è stato pubblicato online per i fedelissimi, poi stampato per tutti gli altri. Altri scrittori che utilizzano lo stesso sistema sono Diane Duane, Sharon Lee-Steve Miller e Don Sakers. Il designer Greg Stolze ha usato un modello simile per lanciare due videogiochi.


Il modello funziona quindi. Si tratta di crederci e di aprire la mente. Aggiungo che il successo non è assicurato . Non deve sembrare che tutti possono arrivare alla microcelebrità. Ma in questo modo a tutti è data una possibilità di arrivarci. Noi tutti pensiamo che il nostro prodotto sia buono e vendibile, ma alla fine anche muoverci bene potrebbe significare fallimento, ovvero trovare veramente poche persone interessate.

In questo modo il fan libera l'artista dalla coda lunga, spendendo di più e dando i soldi direttamente all'artista (nessun intermediario se vendiamo il cd online nel nostro sito). Tornando al discorso del prefinanziamento, si segnala il sito fundable.org, che permette a chiunque di raccogliere del denaro per un progetto, assicurando i finanziatori che il progetto si farà. Finchè non viene raggiunta la somma prestabilita il sito trattiene il denaro (a garanzia quindi dei finanziatori). Se non si raggiunge la somma, il denaro viene restituito. Amelia, soprano, ha messo il proprio cd in prevendita prima di registrarlo. Con 400 dollari di prevendita poteva permettersi l'incisione del cd, è arrivata a 940. Pochi di guadagno ma abbastanza per ammettere che il sistema può funzionare (il cd è stato inciso).


Altri esempi interessanti. L'articolo chiude con un'osservazione della sociologa Ruth Towse, l'alternativa a questo modello è la povertà. Osservazione forte anche perchè alternative anche più difficili esistono. Certo è che questo modello è interessante e l'artista portato al contatto con il fan potrebbe perlomeno esserne interessato. Come ho già detto tutto è legato ad una mentalità "internazionale", relegarsi nel mercato nazionale è un suicidio soprattutto in Italia. C'è poi da considerare il discorso burocratico...in ogni paese c'è una legislazione fiscale con cui fare i conti, qui in Italia è impossibile per un musicista avere un'idea precisa di come vivere onestamente anche con il fisco.

Chiaramente a questo articolo fanno seguito tantissime osservazioni dei lettori, come ogni blog che si rispetti. Non le ho ancora lette ma sicuramente lo farò e non mancherò di segnalare ogni argomentazione interessante per lo sviluppo di questo stimolante argomento.


Traduzione completa su "Internazionale" n. 737 28 marzo/ 3 aprile 2008

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Fabio carissimo, cosa è successo? il tuo commento è al suo posto, c'è anche la mia risposta più giù...o ti riferisci ad un altro commento?
Puoi controllare sul mio blog, per favore? lo sai che ci tengo a te :)
Ciao, enza

Fabio Ranghiero ha detto...

Come direbbe l'amico Chinito "è todo al so posto!" . Ho pensato ad un guasto di splinder invece era un guasto dei miei affaticati occhi...

Anonimo ha detto...

Ok Fabio Todo al so posto ;) Ora anche i miei occhi sono stanchi ;) Buonanotte tesò...smack
Enza