mercoledì 26 novembre 2008

Le interviste del blog: MICHELE LOTTA

Michele Lotta è attivissimo da sempre nel campo del blues. Come scrittore ha collaborato con “il blues” “musica jazz” e “blues time”. Come fotografo è stato pubblicato nelle maggiori riviste italiane. Come musicista ha collaborato con moltissimi bluesman come Nine Below Zero, John Primer, John Hammond. Da qualche anno cura lo spazio per il blues “KBLF” (2000) e il movimento culturale “Spaghetti & Blues” (2003).


Ciao Michele! Posso dire che sei “dentro” il blues come poche persone.... Musicista, fotografo, scrittore. Oggi voglio cominciare a chiederti qualcosa di “Spaghetti & Blues” che rappresenta forse il tuo progetto più ambizioso e culturale: dare spazio e voce al Blues italiano nel web.

Spaghetti & Blues è nato come “movimento culturale autogestito”. La definizione, che a qualcuno potrebbe apparire ridondante, definisce in realtà sia lo spirito che le finalità del progetto.
L’intenzione è occupare uno spazio vacante nel web con un sito che affronti il tema del Blues (prevalentemente di quello italiano) dal punto di vista storico, recuperando momenti e personaggi che i più giovani rischierebbero di perdere per sempre. Riteniamo infatti che sia assolutamente necessario fornire quelle informazioni che diano un senso a ciò che tanti fanno nel loro approccio con la musica del diavolo.
Sono gli stessi musicisti che hanno aderito ad occuparsi del sito offrendo un contributo preziosissimo nel mettere a disposizione di tutti le numerose esperienze maturate negli anni.
Tra le nostre iniziative c’è il “Crossroad Blues”, un seminario sviluppato dagli artisti di S&B in assoluta autonomia. Nel corso di queste occasioni il Blues viene presentato sia dal punto di vista semantico che da quello strettamente musicale con jam session molto apprezzate.
E’ anche in cantiere la realizzazione di compilations che avranno lo scopo di fotografare il fenomeno Blues nel nostro paese. Siamo tuttora in cerca di una produzione e - mi consentirai - approfitto dell’opportunità per lanciare un invito a chi ne fosse interessato.
Abbiamo dedicato ampie retrospettive a personaggi come Guido Toffoletti e Cooper Terry, veri antesignani dello spaghetti blues, entrambi scomparsi da diversi anni in situazioni davvero tragiche, con le preziose testimonianze dei diversi amici musicisti che li hanno conosciuti personalmente condividendone tante avventure. Racconti spesso intrisi di grande passione e sincero romanticismo.
Con noi partecipano personaggi come: Max Pieri (musicista e giornalista), Lou Leonardi (musicista e costruttore del sito), Renato Petrelli (musicista e responsabile della segreteria di S&B), Edoardo Fassio (autore del libro “Blues”), Dario Lombardo (musicista e grande intenditore), Martino Palmisano (musicista e giornalista), Gianni Franchi (musicista), Luigi Tempera (musicista), Luigi Monge (autore del libro “Robert Johnson - I Got The Blues, Testi Commentati”), Fabrizio Poggi (musicista ed autore del libro “Il Soffio Dell'anima: Armoniche e Armonicisti Blues”), e tanti altri che ho certamente dimenticato ma che svolgono un ruolo altrettanto importante.
Una menzione assolutamente speciale è dovuta all’armonicista pugliese Amedeo Zittano, il vero motore di S&B. La sua enorme passione ed il vulcanico dinamismo, uniti alla mia modesta esperienza, hanno fatto si che l’idea nata in un club di Napoli nel 2003 diventasse una bella realtà, a giudicare dalle visite e dagli attestati di stima che ci vengono rivolti da più parti.

La tua descrizione conferma quello che avevo notato da utente, Spaghetti & Blues è una fucina di iniziative. Io mi permetto di segnalare il “primo piano” in cui tutti sono invitati a dire il proprio parere su un determinato argomento. Recentemente si è parlato di un tema “scottante” per noi musicisti: la difficoltà che troviamo nel fare concerti. A questo proposito vorrei sapere l'idea che ti sei fatto, anche attraverso il sito, della situazione musicale in Italia, in particolar modo dell'atteggiamento nei confronti del blues del pubblico, della discografia, della produzione in generale.

Beh, per rispondere a questa domanda ritengo necessario fare un rapido excursus partendo dall’inizio.
Il Blues arrivò in Italia agli inizi degli anni settanta sulla scia del british blues (primo approdo europeo della musica afroamericana). I Rolling Stones, John Mayall, Alexis Corner, trovarono in Treves, Toffoletti, Ciotti, gli epigoni che avrebbero dato il via alla diffusione di questa cultura anche nel nostro paese. Gli anni ottanta si aprirono con la celeberrima pellicola di John Landis “The Blues Brothers” che (forse al di là delle intenzioni degli stessi protagonisti) ebbe un effetto deflagrante su tanti musicisti rimasti letteralmente folgorati dal fascino delle “dodici battute”. Proprio nel 1980 a Pistoia si realizzò il primo festival di genere con la partecipazione di artisti quali: Muddy Waters, B.B. King e Fats Domino. La scintilla era quindi scoccata e da quel momento nacquero blues band in ogni parte d’Italia.
Il fenomeno è cresciuto per tutto il decennio ed anche in quello successivo. I festival si sono moltiplicati a dismisura e nei club si è suonato prevalentemente il Blues.
Il terzo millennio è iniziato con una flessione in negativo, forse dovuta all’eccesso di “offerta” nel frattempo generatasi. Ho la sensazione che negli ultimi anni, gradualmente ma inesorabilmente, la blues renaissence degli ottanta si stia sgonfiando. Tutti i musicisti, me compreso, vivono sulla propria pelle questa situazione. I locali sono sempre meno interessati e comunque non in grado di pagare dei compensi dignitosi, preferendo sovente al Blues generi più commerciali.
Personalmente credo che il Blues stia tornando verso la dimensione di musica cult che l’aveva caratterizzata prima dei fasti degli ultimi decenni. Ma – com’è noto - la vita è fatta di corsi e ricorsi e spero vivamente (da musicista ed appassionato) che ciò valga anche per il Blues.

Lo spero pure io ! Recentemente, proprio su questi temi, ho imparato che è importante anche fare autocritica. Secondo te è una buona cosa da fare? Se si.... su cosa dobbiamo concentrarci noi come musicisti? Siamo poco preparati tecnicamente? Fatichiamo a curare bene un nostro progetto per dedicarci a più offerte che alla fine ci tolgono un po' di personalità? Per quel che riguarda i concerti dal vivo sempre difficili da concordare... in cosa si sbaglia nel rapporto con il club?

L’autocritica è l’atteggiamento fondamentale che chiunque dovrebbe assumere per crescere in ogni contesto della vita. Chi crede di essere arrivato in realtà è già alla fine. Nel caso specifico, comunicare attraverso la musica significa trasmettere agli altri delle emozioni. Chi ha la capacità di farlo riesce meglio di altri ad avvicinarsi al pubblico. Il Blues, in particolare, è un linguaggio diretto, scevro da orpelli superflui, un messaggio che parte dall’anima prima ancora che dallo strumento. La qualità tecnica riesce sempre a stupire e coinvolgere purchè non rimanga tale e fine a se stessa. Se guardiamo a maestri come John Lee Hooker, Muddy Waters, B.B. King, le doti strumentali sono da considerarsi assolutamente personali e non certo assolute. Se cerchiamo l’eccellenza nella chitarra dobbiamo rivolgerci altrove (parola di B.B.).
Il Blues è un’alchimia che mischia il feeling con la tecnica e la personalità. Quel progetto preciso al quale fai riferimento è assolutamente necessario per destare l’interesse del pubblico. Purtroppo tanti intendono il blues come una sorta di pedissequa riproposta; mi riferisco alla tante, troppe, cover band che riducono il Blues ad un livello che abbiamo definito da piano bar in una discussione aperta di recente sulle pagine di Spaghetti & Blues. Secondo me, bisogna avere il coraggio di creare un linguaggio proprio per costruirsi un’identità, senza adagiarsi sui facili consensi.
Nel riferimento che fai circa il rapporto con i locali, francamente non capisco che autocritica debba fare il musicista. Tra i gestori di locale e gli artisti c’è un evidente rapporto di sudditanza di questi ultimi. Chi organizza decide chi ingaggiare e quanto pagarlo. Questo prescinde quasi sempre dal valore dei musicisti ma dipende dal pacchetto di amici che gli stessi detengono. Un atteggiamento strettamente commerciale che non lascia spazio ad altre valutazioni; motivo questo che sta, pian piano, allontanando i migliori, i più esperti, i più bravi, dai club.

E' la fatidica domanda “avete seguito?”..... Ricordiamo a tutti i locali che siamo musicisti e non P.R.! Ma a questo proposito oggi abbiamo un mezzo che non esisteva anni fa: Internet. Un gruppo può avere il suo spazio, far ascoltare qualcosa o pubblicare un video. Se il club sottocasa non vuole saperne di noi è probabile che qualcuno dall'altra parte del mondo, ci stia apprezzando . Andare a suonare dall'altra parte del mondo è a livello organizzativo molto difficile (anche se potrebbe essere molto appagante), ma quanto può essere importante internet per la diffusione del blues? E' una "bufala" o qualcosa di veramente utile?

Se non avessi creduto nelle potenzialità del web non avrei certamente intrapreso questa strada. Oggi è semplice per tutti accedere a quelle informazioni che un tempo richiedevano la ricerca di testi (in maggioranza in lingua inglese) che approfondissero l’argomento. Oggi con un semplice click è possibile andare in profondità consultando le tante fonti che internet offre. Ciò vale per il Blues come per qualunque altra cosa. Sinceramente non vedo alcuna controindicazione ed il termine “bufala” mi sembra improprio visto che non si tratta di uno scherzo ma di pura realtà.

Premettendo che il blues da il meglio di se nei live. Un concerto blues è irripetibile ed in questo qualsiasi media non riesce a restituire le stesse emozioni. Ma i musicisti italiani, di blues in particolare, dovrebbero puntare di più sulla presenza in internet con siti dignitosi con foto, filmati e brani da ascoltare? Questo con l'ottica della diffusione della propria musica. O va bene così?

I gruppi che non posseggono un sito credo siano ormai merce rara. Non v’è dubbio che lo strumento più economico, diretto e multimediale, per farsi conoscere sia proprio internet. Hai idea del costo della pubblicità su una rivista di settore? Solo coloro che hanno il supporto dei discografici riescono a guadagnarsi il “quarto di pagina"...
E poi, il fenomeno My Space ha contagiato praticamente tutti. Un blog che ti da gratuitamente la possibilità di inserire brani, foto, filmati, biografia, ecc., senza che vengano richieste le cognizioni tecniche per allestire un sito, è una grande possibilità per chiunque, non solo per i musicisti italiani di blues. La strada è ormai segnata e non credo possa ipotizzarsi per il futuro un’inversione di tendenza.


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