Nella puntata precedente ho espresso un parere molto duro nei confronti del pubblico di oggi, reo di dirigere la musica, intendendo la musica che conta commercialmente - e quindi far vivere gli artisti e tutte le persone che ci lavorano intorno - con le proprie scelte di ascolto che sono:
- privilegiare la musica come sottofondo o semplice colonna sonora di momenti divertenti
- escludere l'ascolto di musica che non piace prima ancora di ascoltarla
- affidarsi, per la propria cultura, a discutibili personaggi che in tv pensano piu' a demolire che a costruire (per un vincitore ci troviamo migliaia di artisti esclusi e demoliti spesso per sempre).
Mi si obiettano le seguenti argomentazioni:
- "potrò ascoltare quello che mi piace"
- "la musica deve essere semplice da ascoltare, non tutti possono fare il conservatorio".
Rispondo velocemente a queste giuste obiezioni. Si anch'io ascolto quello che mi piace spesso e volentieri ma per capire quello che mi piace devo anche ascoltare, e meglio, quello che non mi piace. Si la musica non deve essere complicata da ascoltare ma essendo un linguaggio universale non è necessario studiare per capirla. E' sufficiente fare una cosa che non si fa piu': fermarsi e concentrarsi sull'ascolto.
E quando? Questo è il vero problema. Si fa fatica a trovare il tempo per un ascolto profondo e appagante che potrebbe portare tutti a scoperte interessanti e sorprendenti.
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