La classica domanda "quanto felice sei?" o "sei felice" non mi è mai piaciuta. E' generica, ipocrita, spesso vendicativa, di solito la risposta si riferisce ad un momento o ad un passato recentissimo.
Sappiamo benissimo che la felicità è fuggevole, impalpabile, dura un attimo o poco più. Proprio perchè non abbiamo la cognizione del tempo che sta passando, degli attimi che stiamo vivendo, che tendiamo a dare alla risposta un valore certo e duraturo quando non lo è assolutamente (in questo caso).
Quindi non dobbiamo chiederlo? Nel caso di questa precisa domanda NO - secondo il sottoscritto - forse è meglio un "come va?" (più frequente per fortuna) che può comprendere una sensazione momentanea ("in questo momento sono felice") o più estesa nel tempo ("beh devo dire che ultimamente va abbastanza bene"). Insomma sono contrario alla misurazione della felicità che nasconde domande ipocrite e risposte di comodo (salvo non siate dallo psicologo ma evitate il professionista che vi fa questa domanda).
Come va? La risposta può comprendere l'ultima settimana ma anche tutta una vita.
Com'è andata la tua vita? Qualcuno dall'aldità potrebbe rispondere " ma guardati Vivarium".
VIVARIUM
Regia : Lorcan Finnegan
2019
2019
con Imogen Poots e Jesse Eisenberg
Premetto che sono arrivato a questo film grazie ad una brevissima presentazione che parlava di "thriller" o una cosa simil-psicologico. In realtà sulle prime potrebbe essere un horror del filone "case" ma via via che le cose -non- succedono ci arrenderemo all'evidenza di un surrealismo distopico abbastanza originale. Pochi attori ed una ridente cittadina claustrofobica, un cielo artificiale ed una casa insapore. Sono arrivato alla fine senza "passare avanti" (cosa che faccio spesso con la maggior parte di thriller/horror in quanto genere ormai stantio) ed è già un buon risultato. Il regista gioca un po' con noi facendoci credere molte cose, soprattutto sul significato della realtà che i protagonisti stanno vivendo. Significato/spiegazione che non si svelerà mai. SPOILER (visto che penso di aver capito il significato ultimo del film da solo faccio il figo, se questo vi disturba volate al voto o commentate). Purtroppo per voi (e per me) non esistono extraterrestri o spiegazioni arcane (soprattutto sul visionario pre-finale). La vita che vivono i protagonisti, figlio compreso, è il riassunto - pessimista per carità e non condiviso dal sottoscritto - delle nostre vite. Viviamo, respiriamo, ricordiamo le cose belle del passato, routine, figli che crescono e che (anche se non letteralmente) ci fanno invecchiare e ci seppelliscono. Il lavoro che ci usura e la solitudine, l'incomprensione e i livelli di incomprensione. Ogni immagine del film ricorda la nostra vita e l'inesorabile fine al quale ci portano tutte le nostre azioni. Si nasce, si lavora, si allevano figli e si muore. Intorno a tutto questo pochi attimi di felicità e di speranza.
Voto 8: mi è piaciuto, non è un film difficile e garantisce un bel po' di punti interrogativi. Curioso da rivedere una volta arrivati al "nocciolo" per dare un'interpretazione più certa di quello che succede. Bravo regista, credibili ma non incredibili gli attori.
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