sabato 20 novembre 2021

Guardare avanti e vedere sempre qualcosa

Si chiude un ciclo, ma ne inventerò un altro. Con il 2021 finisce l'avventura di e con Radio Noventa in cui ho cercato di portare a compimento idee, missioni e, naturalmente, programmi. 

Alcuni podcast li trovate ancora qui (Soul Kitchen e Le pagelle del Fabiet) ma, con l'anno nuovo, verranno ovviamente eliminati. 

Non cancellati però perchè troverò il modo per pubblicarli in questo blog visto che presentano contenuti che ritengo interessanti e ben accolti. 

Sono già al lavoro ovviamente e le prime novità le vedrete presto. Sto valutando l'allargamento a Sound Cloud, già in questi giorni sto ripresentando tutti i vecchi brani nel player che trovate sempre sulla colonna alla vostra sinistra. Ma ci sono anche idee nuove che dovrò accantonare almeno per il primo quadrimestre visto l'impegno per il nuovissimo progetto musicale con Velut Luna e Lucia Minetti ormai in arrivo.

Qualche considerazione va fatta. L'autonalisi personale su quanto fatto è già metabolizzata, ci sono stati molti errori alcuni dei quali giustificati dalla condizione di "dilettantismo" che non permette di avere tutto il tempo che si dovrebbe o vorrebbe.


La cosa che più mi fa pensare è la netta differenza non prevista fra il mio mondo, quello della musica intesa come gruppo che suona (live o in prova, non fa differenza) e gruppo che porta avanti una serie di rubriche e si deve coordinare con eventi e altro. 
Con il gruppo di musicisti esiste un'intesa a cui si arriva con naturalezza, nonostante frequenti divergenze personali; la resa di un brano, nel live o in prova, è il frutto del lavoro di squadra necessario e obbligatorio. Il risultato è la "magia" del suonare assieme e di sentirsi una cosa unica seppur per alcuni minuti. Al contrario, senza questo fattore essenziale la "magia" non si accende (e nemmeno il resto). 
In un gruppo di speaker radiofonici non serve un'intesa, o almeno non ho mai avuto la sensazione che fosse necessaria o ricercata: ognuno pensa per il proprio programma, nonostante in alcuni casi ci siano parvenze di unità frutto più di un "dobbiamo farlo" che del "è un piacere". Ci si ritrova quindi spesso da soli, davanti al proprio microfono, a curare la propria trasmissione, decidere la scaletta dei brani e scrivere i testi. Non è meglio o peggio, semplicemente è un approccio diverso, più intimo e sicuramente meno fantastico, più reale.

Questa constatazione, assolutamente personale e legata alla mie esperienze, è diventata sempre più spiazzante e, con spaventosa costanza, ha causato una leggera frustrazione che non mi ha mai permesso di essere soddisfatto (di me stesso) o realmente felice. Cosa che, per fortuna, è sempre accaduta probabilmente (non posso giurarci) con tutti i musicisti con cui ho suonato.

Non è comunque motivo per mollare, questa è l'occasione per rimettere ordine a quello che voglio e posso fare in una situazione meno "oppressiva".
Guardo avanti, e vedo sempre qualcosa di nuovo.

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