I grandi gruppi degli anni '70 sono stati definiti, ad un certo punto della storia, "dinosauri". Questo perchè la loro proposta musicale importante e colta stava collassando su se' stessa, soffocando a causa di una continua ricerca di profondità che - in fin dei conti - stonava con il senso del rock e del rock'n'roll. Così ci è stato raccontato. In realtà parliamo di musicisti che ad un certo punto sono stati soffocati dall'industria discografica che conti alla mano non riusciva ad avere vendite soddisfacenti dal quel tipo di prodotto. Nessun equilibrio quindi, ognuno ne uscì come meglio potè.
Oggi possiamo guardare a quella storia, che ci è stata raccontata da diversi attori, in modo più obiettivo. Quei musicisti non erano dinosauri e non si sono estinti visto che ancora oggi la maggior parte di loro è ancora in - richiestissima - attività. Molti di loro hanno molto da insegnare a tutti, forse durante quel periodo - fine anni '70 - si erano presi troppo sul serio, un po' di ragione l'industria discografica ce l'aveva visto che di industria parliamo e si deve pur campare.Ma l'arte che ci hanno trasmesso, e comprendo positività e negatività, è tanta, grande e meravigliosa.
The Zealot Gene - Jethro Tull. Ian Anderson, flauto chitarra e voce storica dei "Tull" è l'unico superstite della band originaria che oggi ci presenta comunque musicisti all'altezza. The Zealot Gene rappresenta una rara boccata d'aria fresca riportando alla luce dopo moltissimi anni il "sound" scultoreo del gruppo che, soprattutto grazie al leader, è passato indenne alle mode di diversi decenni. Una miscela concentratissima di folk, di rock e blues, ingredienti dosati da Ian Anderson in persona grazie al riconoscibilissimo flauto e alla sua voce capace di passare dal dolce vellutato al ruvido cartavetrato. Poche cose sono cambiate rispetto al passato, durante l'ascolto possiamo identificare suoni, passaggi musicali, stacchi, arrangiamenti quasi fossero un omaggio a tutta la discografia del gruppo. Ma non si tratta - per fortuna - di un compitino ben svolto o di nostalgia canaglia. The Zealot Gene, pur non appartendendo al gruppo degli album migliori, ha la sua identità ed il suo apprezzatissimo motivo di esistenza.Voto 8: pregiatissimo, curato, evocativo. Il ritorno dei Jethro Tull non delude la mia aspettativa. The Zealot Gene va ascoltato a volume altissimo. Nonostante i tantissimi richiami alla produzione passata non scenderà nessuna lacrima in quanto tutto il lavoro è suonato con forza, convinzione ed entusiasmo attuali.
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