lunedì 15 agosto 2022

James Taylor - Man in the hot seat

Impariamo ad ascoltare un po' tutta la musica. Concediamoci qualche "no grazie", per carità magari escludendo quello che proprio non siamo mai riusciti a mandare giù. Ma non soffochiamoci ad ascoltare, nell'ordine: 1 - quello che ascoltano gli altri (paura di essere diversi) 2 - solo quello che ci piace (paura dell'ignoto) e 3 - solo se c'è quello che canta (paura del Babau). Ho titolo, ormai, per tirare un po' di somme. Fra le tante cose vissute sulla mia pelle posso dire che è sempre stato difficilissimo e alquanto miracoloso trovare qualcuno disposto ad ascoltare qualcosa di nuovo e - almeno - ad arrivare almeno a 2/3 minuti di ascolto.

Negli ultimi anni l'ascolto ha preso una piega terribile - in pratica non si ascolta più - tanto che da non recentissimi studi viene rigettato tutto quello che non attrae dopo i primi 7 secondi. Così come ormai ci si attacca ai sondaggi per prendere qualsiasi decisione (paura di sbagliare, insicurezza quindi incompentenza) i producer si concentrano sui primi 7 secondi, tanto il resto verrà da se'.
Per oggi mi concentro velocemente sul punto 3: difficoltà ad ascoltare brani musicali che non contengono lo strumento voce umana. Si, è uno strumento quindi è in ottima compagni di basso, chitarre, batteria, piano, violini, tromboni, triangoli. E viceversa (ma non spaventatevi).

Divido già in 2 categorie: quelli che "basta che canti" e quelli che invece deve essere una lingua riconoscibile, nella pratica italiano o inglese. Tutto il resto non è più voce (il motivo per cui ho detto addio a proporre i "miei" amici della world music dal Ghana o dal Senegal o dal Burkina Faso). La maggior parte di VOI ripudia la musica senza un cantato o al massimo la mette nella cosidetta "musica da sottofondo". Mi sono chiesto perchè. Non mi sono mai risposto anche perchè la risposta la possiamo ammettere tutti, una profonda mancanza di cultura ed educazione musicale. Ed io aggiungo un banalissimo "non sai cosa ti perdi", fra l'altro caro amico non sai cosa ti perdi per qualsiasi cosa tu non abbia mai ascoltato (tanto per dire). 

La mancanza di una voce (bella o brutta spesso non è importante) in un brano musicale crea nel non-ascoltatore (permettimi questa vena polemica) un senso di smarrimento che lo porta - come per le cose di cui abbiamo paura - al rifiuto. Si scappa per trovare un sicuro rifugio in quello che si conosce (appunto restiamo comodi nel nostro acquitrino). 

Non è questo il momento di dare consigli o imbastire un'indagine psicologica. Denuncio in modo realistico la mia tristezza nell'accettare quello che è stato e purtroppo quello che sarà (...andrà sempre peggio!). 

Oggi mi consolo con James Taylor (l'organista) che con uno strumento che sta per compiere 90 anni riesce - anche senza cantanti - a regalare emozioni, buona musica e ottimi arrangiamenti.

James Taylor - Man in the hot seat. Tu parla un po' dell'Hammond anzi fallo ascoltare e la maggioranza si ricorderà di James Taylor tralasciando in buonafede una marea di altri grandi musicisti. Non lo reputo il migliore ma di sicuro si è ritagliato una bella fetta di pubblico grazie ad un sound bello riconoscibile. Pur non amandolo alla follia ammetto che è facile essere trascinato dal suo modo di suonare che parte da una padronanza incredibile dello strumento per arrivare ad una gestione del "sound di gruppo" che crea dipendenza anche grazie agli ottimi musicisti che lo circondano. Questo "man in the hot seat" fa parte dei "buoni" o meglio degli album che mi piacciono. Taylor non è certo fossilizzato in un solo genere anzi ma direi che questo è l'ambito in cui si rende più amabile. L'omaggio è chiaro fin dalle prime note di apertura: le sigle Lalo Shifrin (il profumo di "Mission impossible" è percepibile in più di in brano), gli arrangiamenti orchestrali alla Quincy Jones e, volendo identificare un genere, tracce di lounge music e polizieschi un po' ovunque. Non si tratta solamente di un compito ben svolto perchè tutti i 10 brani dell'Album godono di una splendida e fresca vita propria, ognuno è caratterizzato dalla presenza di questo o quello strumento. Accanto all'orchestra, perfettamente integrati troviamo piani elettrici, Hammond ed effetti creati da sintetizzatori (monofonici o no).
Voto 8,5: qualche scopiazzatura voluta si trova, tutta l'architettura è palesemente devota a quanto già fatto da Shifrin e Jones. Ma James Taylor abbonda nelle idee e nella composizione regalandoci ancora un album che sa essere originale. Da ascoltare in tutte le posizioni.

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